Sabato 2 novembre 2013
Avendo fatto tardi la sera prima, anche per un mattiniero come me, non è stato possibile svegliarsi prima delle 12:30 e dopo le fatidiche due ore per prepararsi, siamo usciti quando mancava un quarto alle tre.
Facciamo un giro nella parte “alta” della città, partendo dalla Cattedrale di Santa Sofia, che vediamo solo dall’esterno, per poi proseguire allo Zoloti Vorota, fino al teatro dell’Opera.
La cattedrale di Santa Sofia (Софійський собор) è uno dei luoghi più famosi della città ed è stato il primo sito ucraino ad essere inserito tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Le prime fondazioni vennero costruite nel 1037 ed i lavori occuparono circa venti anni.
Zoloti Vorota è stato costruito tra 1017 e il 1024 ed era l’ingresso principale nella grande città di Kyiv. La costruzione fortificata di Золоті ворота era praticamente inespugnabile e le varie tribù nomadi che a più riprese hanno tentato l’assalto, sono sempre state respinte, fino al 1240, quando Batu Khan, condottiero mongolo nipote di Gengis Khan, trovando un varco in un’altra zona, riuscì ad entrare in città e distruggere Zoloti Vorota dall’interno.
II Teatro dell’Opera è stato eretto in stile Rinascimentale francese nel 1901 secondo il progetto dell’architetto V. Schreter dopo che il vecchio stabile era andato distrutto da un incendio nel 1896. Nel 1930 in epoca Sovietica si penso di dare una rappresentazione piu’ “proletaria” del Teatro, ma per fortuna questo progetto non divenne realta’. Nel 1939 il teatro è stato ribattezzato in onore di Taras Shevchenco. Dopo l’acqui¬sizione dell’indipendenza dell’Ucraina, il teatro è divenuto teatro Nazionale ed è noto per un’ottima compagnia di ballo e il coro, con le migliori voci dell’Opera Nazionale di Kyiv, che si esibiscono in tutto il mondo.
Alle 16:30, dopo aver visto il Teatro Nazionale, torniamo indietro sulla Volodymyrska, fino all’inizio della via, cioè il monastero di San Michele.
A differenza della vicina Santa Sofia, questa volta entriamo a dare un’occhiata dall’interno (l’altra si pagava) e nonostante sia stato più volte, rimango ancora incantato da tanta bellezza.
Il monastero di San Michele (Ucraino: Михайлівський золотоверхий монастир), la bellissima chiesa azzurra dalle cupole dorate è dedicata al santo patrono di Kiev. Come si evince dallo splendore e dalla pulizia degli ornamenti, l’edificio è una recente ricostruzione (1998) della chiesa originale, risalente al XII secolo, abbattuta dai sovietici nel 1937.
Usciamo e ci fermiamo ad aspettare Alexandra, che avrebbe dovuto raggiungerci in pochi minuti, all’ingresso della funicolare, proprio attaccata alla chiesa.
Come spesso accade, per non dire quasi sempre con le signorine, l’attesa è stata tutt’altro che di pochi minuti ma alla fine è comparsa, tra un’ondata di passeggeri scesi dal trenino ed abbiamo potuto proseguire il cammino.
La tappa successiva del tour è stata la discesa di Sant’Andrea che prende il nome dall’omonima chiesa ivi presente. L’Andriyivsky Descent (ucraino: Андріївський узвіз) è una delle strade più amate dai turisti, tappezzata di bancarelle, souvenir ed artigianato locale.
La strada percorre l’omonima collina in posizione panoramica sul quartiere di Podil. La collina Andriyivsky è detta la “Montmartre di Kiev”. Tra le sue molte attrazioni troviamo la chiesa di Sant’Andrea (Андріівський собор ) del XVIII secolo, la casa ove visse lo scrittore Mikhail Bulgakov, considerato uno dei maggiori romanzieri del Novecento, oggi trasformata in museo ed il castello di Riccardo cuor di leone.
Avremmo voluto entrare nella chiesa ma purtroppo era chiusa per lavori e non era accessibile nemmeno il terrazzo posteriore, da cui si poteva godere di una vista mozzafiato su mezza città.
Percorriamo tutta la discesa ed arriviamo finalmente al quartiere sottostante, nato sulle rive del fiume Dnipro, chiamato Podil.
Da Wikipedia: Podil (Поділ) è un quartiere storico e un distretto amministrativo. Si tratta di uno delle zone più antiche di Kiev, la culla della città del commercio e dell’industria. Contiene molti monumenti architettonici e storici e nuovi siti archeologici sono da poco stati scoperti.
Abbiamo attraversato tutto il quartiere, arrivando dalla parte opposta e nel frattempo si erano fatte le 18. Si cominciava ad avere un po’ di fame e le amiche ci hanno proposto un ristorantino tipico, molto carino, proprio nelle vicinanze. Manco a dirlo, abbiamo accettato immediatamente.
In una via piuttosto appartata, per cui assolutamente senza turisti, abbiamo trovato questo piccolo ristorante chiamato Garbuzik (гарбузик), arredato in perfetto stile ucraino, con motivi floreali dipinti alle pareti, lampadari adornati con fiori e stampe della tradizione ucraina, nonché bambole e pupazzi di stoffa e paglia abbigliati come gli antichi ucraini, sparsi un po’ ovunque.
Arredamento a parte, anche il lunghissimo menu presentava tutti i piatti tradizionali ucraini e per le ordinazioni ci siamo fidati alle ragazze. Io che non mangio tante cose strane, mi ero comunque cautelato con del pollo e patate fritte, lasciando un po’ di spazio per assaggiare qualcosa che eventualmente stuzzicasse il mio interesse.
Abbiamo iniziato con degli antipasti di pesce crudo che facevano un po’ da mettere in bocca ma con quella fame, avrei mangiato qualsiasi cosa mi avessero presentato. Sono arrivate poi delle ciotoline con vari tipi di salse e sopratutto un bicchierino di grappa ciascuno con un piccolo cetriolo appoggiato sul bordo, non capivo (e non volevo sapere) se come decorazione o da mangiare. Il dubbio si è chiarito immediatamente quando Katerina ci ha fatto vedere come fanno gli ucraini che ovviamente lo mangiano.
Non potevano mancare i vareniki, un must, il piatto ucraino che preferisco in assoluto e l’unico, a parte qualche assaggio di cose strane, che ho mangiato con gusto.
Finiamo di mangiare alle 20 e prima di varcare l’uscita, ci si presenta un cameriere con dei bicchierini contenenti una sostanza etilica di colore arancione, non meglio specificata. Alla faccia degli etilometri!
Usciamo ripercorrendo a ritroso Podil, fino alla stazione della metro, su cui saliamo per tornare in Kreshatik e di seguito in appartamento (alle 21).
Dopo aver ricaricato le batterie con un po’ di sano relax, a mezzanotte in punto ci rimettiamo in movimento andando a vedere nei pressi dell’Arena.
Giriamo intorno ai vari locali del complesso (ci sono pub, night ed un paio di discoteche) e dopo un po’ decidiamo di andarcene. Prima di prendere qualsiasi decisione, siamo andati a riflettere davanti ad una bella birra, al Porter Pub.
Chiarite le idee, decidiamo per il Coyote Ugly, dove Luigi ed Emilio erano stati la prima sera senza di me e preso un taxi dopo pochissimo eravamo davanti al locale.
Appena sceso mi rendo conto di conoscere benissimo quel posto perché si trovava di fronte ad un negozio dove avevamo comprato del vino in una precedente vacanza, il Good Wine, nei pressi dello stadio Olimpiyskiy (олимпийский стадион).
Entriamo al Coyote, facciamo una rapida perlustrazione e dopo un minuto andiamo al guardaroba a lasciare i giacconi. Facciamo un po’ di fila, visto che c’era molta gente e prima di consegnarlo estraggo tutto quello che avevo nelle tasche per non lasciarlo incustodito. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Inizio a tirare fuori un telefono, la macchina fotografica in un’altra tasca, il cavalletto per la fotocamera e nell’ultima tasca, quella di destra, c’è un vuoto che mi lascia perplesso.
Inizio ad auto-perquisirmi ma non riesco a trovare il Nokia. Faccio mente locale da l’ultima volta che l’ho visto, avendo il dubbio (improbabile) che l’avessi lasciato nell’appartamento ma ricordavo perfettamente di averlo appoggiato sopra il tavolo del Porter, poco prima, quindi non poteva essere in casa.
Qualcuno, approfittando della calca, mi aveva sicuramente infilato una mano nel giaccone e me lo aveva preso. Dopo aver lasciato (colpa mia) la macchina fotografica a Mosca, questa è la prima volta che mi viene rubato qualcosa in vacanza. C’è sempre una prima volta per tutto e cercando di consolarmi, meglio quel telefono della macchina fotografica e o dell’altro cellulare. Diciamo che nonostante la sfiga, poteva andare peggio.
Rimango al Coyote fino alle 3:30 e poi stanco, decido di tornare all’appartamento, lasciando gli amici a divertirsi nel locale.
Prendo un taxi, non tanto per evitare di camminare quanto per non incontrare la polizia durante il tragitto che avrebbe, come sempre accade, cercato di estorcermi dei soldi con motivi di fantasia. Una volta mi hanno addirittura accusato di aver traversato la strada deserta, senza aver usato il sottopasso, pensando di farmi paura così avrei offerto del denaro.
Nonostante sia successo più volte, sono sempre riuscito a cavarmela senza aver mai pagato niente a nessuno, nemmeno quando ero palesemente in torto, non avendo con me il passaporto.
Sono arrivato davanti la porta di casa sano e salvo alle 3:45, senza aver incontrato nemmeno l’ombra di un poliziotto.