Stoccolma 1

Sabato 16 giugno 2012

Partiamo di casa alle 17:40 di una caldissimo sabato pomeriggio, portando nella borsa giubbini e maglie di lana perché il clima svedese non prometteva niente di buono. Arriviamo alla stazione di Castelferretti alle 18:15 e appena scesi dalla macchina ho notato una signora che lavava la proprio auto in una casa vicina. Mi sono avvicinato e le ho chiesto informazioni su quel parcheggio e lei, tra le altre cose, mi ha detto che poco tempo prima ad un auto, erano state rubate tutte e quattro le gomme, per non parlare di vetri infranti all’ordine del giorno. Bene, ho fatto una foto alla macchina di Giovanni (perché forse non l’avremmo rivista) e siamo andati in aeroporto.

Avendo il volo alle 20:10, a causa dell’impazienza di partire da parte di Giovanni, siamo arrivato al Sanzio con un bell’anticipo. Tutto regolare nei controlli personali ma come è prassi negli ultimi tempi, il personale della Ryanair effettua il controllo a tappeto di tutti i bagagli a mano e la cosa non mi piace per niente. Forse sarò anche in regola però non si sa mai, sempre meglio non farsi controllare e questa volta è stato semplicissimo. Abbiamo aspettato che finisse la fila, la signora addetta ai controlli si è allontanata dalla postazione e noi siamo entrati di corsa con il biglietto in mano.

Siamo decollati, come spesso accade, con un discreto ritardo (20 minuti) sull’orario ufficiale ma come altrettanto spesso accade, siamo arrivati perfettamente in orario, anzi, dieci minuti in anticipo: alle 22:40 abbiamo toccato il suolo svedese. Siamo usciti quasi subito dal piccolo aeroporto che ricordavo perfettamente essendoci stato nel 2008. Ricordavo anche che nelle biglietterie automatiche, avevo buttato via 150 sek sbagliandomi a ritirare i biglietti del pullman. Questa volta non dovevo farlo, avendolo portato stampato da casa ed una volta individuata la corriera abbiamo aspettato solo pochi minuti prima di andare. Alle 23 in punto siamo partiti da Skavsta.

La precisione Svedese non ha limiti, ci sarebbero dovuti volere 80 minuti per fare i 100 km che separano l’aeroporto dalla città e ci abbiamo messo 80 minuti, né uno di più, né uno di meno. Puntualissimi!

Scesi dal pullman, una delle più grandi soddisfazioni dei miei numerosi viaggi. “Dov’è l’hotel?”, chiede Giovanni e dopo aver buttato lo sguardo al di la dei binari della ferrovia, vedo la scritta luminosa in una costruzione vetrata lunga un centinaio di metri (dove c’erano uffici, negozi, appartamenti) che corrisponde al nome di Kungsbron Hotel. “Eccolo là”, rispondo ed in due minuti lo abbiamo raggiunto.

Stava andando tutto perfettamente come avevo calcolato. A mezzanotte e mezza avevamo già fatto check-in, pagato e preso possesso della camera.

Quando abbiamo sceso le scale che portavano alle camere “sotterranee”, ci si è parata davanti agli occhi un immagine che sapeva di film di fantascienza del anni 90. Tre lunghi corridoi, tutti bianchi, con un paio di passaggi intermedi ed una miriade di camere che sembravano un alveare ma una volta entrati non abbiamo riscontrato problemi particolari, se non la mancanza di un armadio o qualcosa per appoggiare le nostre cose. C’era solamente una piccola scrivania ed uno sgabello pieghevole, oltre ai due letti ed un maxi lcd appeso al muro.

Visto che ci sarebbe servita solo per dormire e noi siamo ragazzi che si adattano a tutto, non è stato un problema particolare la mancanza di spazio ma capisco quelli che si sono lamentati. Giusto il tempo di appoggiare le nostre cose, lavarci la faccia e siamo usciti immediatamente.

Per risparmiare tempo, avevamo portato dei panini, mangiati in volo ma non erano stati sufficienti e prima di raggiungere i rinomati clubs del centro, ci siamo dovuti fermare al McDonald’s. Avendo studiato perfettamente le mappe, avendo con me il navigatore e ricordandomi qualcosa dal mio precedente viaggio, trovare il Berns è stato un gioco da ragazzi ma a quel punto, tutti i miei piani fino a quel punto perfettamente riusciti, si sono infranti sulla folla oceanica che voleva entrare.

Abbiamo fatto un po’ di fila per arrivare all’uomo che smistava gli ingressi ed appena eravamo a tiro di voce gli ho chiesto se potevamo entrare. Mi ha risposto che data la quantità di gente all’interno, sarebbero potuti entrare solo quelli in lista e quindi per noi non c’era nessuna speranza.

Abbiamo cambiato locale, recandoci al Café Opera ma la storia è stata sostanzialmente la stessa e passando davanti al Victoria, un discopub abbastanza elegante (che 4 anni fa non c’era), idem.

Quando erano le due e mezza abbiamo deciso di tornare in hotel, dove, con tutta calma, siamo arrivati circa alle tre. Giovanni non ha toccato nemmeno il letto che già russava mentre io ho sfruttato per un po’ l’ottimo wireless dell’hotel, aggiornandomi sui fatti italiani e cercando le ultime informazioni per la nostra vacanza. Alle 4:15 ho spento la luce.

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